MYA Vita: vita d’artista. Aneddoti

Schizzo realizzato durante il corso online “Viaggi astrali Temi Sync”

Nel mio percorso non c’è l’accademia; sarà un bene o sarà un male? 

La mia storia famigliare mi ha portato a subire e fare altre scelte di campo, ma con il senno di poi, tutto acquista senso o meglio: destinAzione.

Questo però non mi ha mai impedito di apprendere, praticare, ricercare o formarmi nelle discipline necessarie all’evolversi della mia coscienza, nonché creatività.

Da bambina dipingevo sul gradino d’entrata del negozio di mia mamma, una mamma lettrice e collezionista, passioni che tuttora condivido, sebbene non sia più fisicamente con me.

Un papà invece, che era solito disegnare treni. Conservo di lui pochi ricordi, molti racconti, dovuti alla sua dipartita, quando frequentavo le elementari a Villa Palmizi, a Bordighera, in Liguria.

Dipingere ha sempre rappresentato un ritornare a casa, per calmare le rapide dei pensieri.

Sino ai 19 anni ho vissuto a Bordighera (Liguria, Italia), tra due atelier o meglio, due binari ispirativi: Atelier Pinto, di cui conservo ancora un mio ritratto della Cresima e l’Atelier Rodolphe Banet. Quest’ultimo ha lasciato un segno profondo dentro di me legato a un singolare ricordo.

Premesso, che ero solita passare ore e ore a dipingere e disegnare sul gradino del negozio di mia mamma in Corso Italia, una sera, questo pittore schivo e solitario, a sorpresa decise di entrare nel negozio di mia mamma con il serio intento di comunicarle l’importanza di coltivare la mia passione per l’arte. Lei, che di certo non avrebbe mai voluto che facessi la pittrice morta di fame, gli rispose:

– “È solo un passatempo”.

Io, temendo che tra i due ne nascesse una qualche discussione, considerata la serietà del personaggio e l’approccio teso di quei pochi minuti, schizzai al volo un disegno, decisamente mal fatto e con elementi sproporzionati e decadenti, dicendo a Banet:

– “Non so disegnare”. Questa frase, a mio avviso, avrebbe dovuto in qualche modo tranquillizzare la mamma sul mio futuro… e chiudere il discorso tra i due. Avevo più o meno 7 anni. Lui mi rispose:

“Ci vuole talento anche a dimostrare con un disegno, in meno di un minuto, di non saper disegnare. Buonasera”e uscì.

Scrivendo queste righe, mi rendo conto che negli ultimi trent’anni, spesso mi sono sentita chiedere, in frangenti diversi, se sapessi disegnare.

Sì, so di-segnare e questa è la mia risposta definitiva.

Soprattutto il “segnare” è diventato di mio grande interesse.

Impressionare, imprimere di contenuto l’opera, affinché il fruitore possa ricevere l’energia/lo SPIRITO.

Non un mero virtuosismo della tecnica, bensì una tensione (verticale, direi) per infondere sostanza.

Il primo disegno l’ho venduto per 5’000 Lire a Raymond Peynet, illustratore francese, poiché era solito presenziare al Salone Internazionale dell’Umorismo, sebbene l’office della manifestazione si trovasse in Corso Italia nella libreria dell’organizzatore Cesare Perfetto, nelle immediate vicinanze del negozio di mia mamma. In pratica, gli ho venduto un disegno degli Innamorati, copiati da un suo disegno. Ai tempi non mi è sembrato tanto terribile… con il senno di poi, capisco l’imbarazzo che devo aver suscitato in mia mamma. Lui invece rideva. Molto :-)))

Ho lasciato Bordighera per proseguire gli studi in Germania a Colonia verso i 19 anni. In seguito, il trasferimento in Svizzera, in Canton Ticino, dove risiedo e ho il mio studio creativo.

I ritorni a Bordighera non sono mai mancati, anzi, ritornare è sempre come mettersi in pausa, per raccogliere idee e fare il “pieno di luce”, perché qui la luce è davvero speciale…

  • Claude Monet passò da Bordighera la prima volta nel dicembre del 1883, con l’amico Renoir, un po’ turisti e un po’ artisti, e fu folgorato dalla fuggevole visione di una natura e di una luce completamente nuove ai suoi occhi amici della bruma, delle rocce e marine atlantiche, dei paesaggi spogli, dell’acqua, della neve, fiumi, ponti, campi e stazioni…e della frenesia cittadina della belle époque. Bordighera, come laboratorio sperimentale del capofila dell’impressionismo, che in quel dicembre intuì il carattere unico, straordinario, potente di quell’intreccio inestricabile di palme, ulivi, agrumi, mandorli, mimose, agavi e fichi d’India, rivelati da una luce mai vista prima.(https://www.pittoriliguri.info/news/monet-a-bordighera/)

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