A chi giova?

L’opera d’arte piace o non piace.
Ha valore o non è stimata, ma… quando fa bene e quando fa male al fruitore?

Tempo fa feci un test con la Dr.ssa Puntaroli con l’ausilio della tecnologia GDV – Gas Descharge Visualization, uno strumento di bioelettrografia ideato dal fisico russo Kostantin Korotkov nel 1995, basato sull’effetto della macchina Kirlian, che permette di misurare il campo energetico nella sua componente fisica-psicologica-emotiva-spirituale. Chiesi alla dottoressa di testare il campo aurico delle persone PRIMA E DOPO l’esposizione a una mia opera, in un “habitat” nemmeno troppo consono alla cosa, un vernissage, ma anche per questo interessante.
In quell’occasione avevo realizzato l’installazione A loro, l’alloro ricevuto composta da un’aureola di luce girevole e una girandola di carta fissa.  Senza addentrarmi nel perché di questi due elementi già spiegati nel mio libro Out of the Blue. L’Immateriale di Yves Klein incontra l’accentriamo, chiesi ai partecipanti all’esperimento di accettare per se stessi, senza meritocrazia, bensì solo per “amor proprio”, un’aureola di san(T)ità per circa 1-2 minuti. Tempo massimo ipotizzato per evitare che “la mente che mente continuamente” potesse intrufolarsi e dire “…ma che stai facendo peccatore?!!”, riconfermando così la configurazione, il di-segno psico-fisico del soggetto.

In quel breve lasso di tempo, l’OFF sui contenuti mentali dei partecipanti, ha permesso all’intento dell’artista di arrivare al fruitore, “compattando” quelle parti disarmoniche, quei vuoti, presenti nell’uovo energetico che circonda il corpo fisico. In sintesi, è possibile credere (e sperimentare nuovamente e in modo più approfondito) che l’esposizione all’opera d’arte impronti per osmosi l’osservatore.

C’è da chiedersi a quante immagini, volenti o nolenti siamo sottoposti che, sotto sotto, bene non ci fanno.
C’è da chiedersi se l’artista sia consapevole di cosa creAttiva quando opera.
C’è da chiedersi se le Accademie insegnano la regola “primum non nŏcēre”.
C’è da chiedersi il perché di ogni opera. A chi serve? A chi giova? Non può essere solo un riversare i propri “mostri” sulla tela, sperando che qualcuno se li acquisti per affinità elettiva.
Non può essere solo il produrre ciò che il mercato richiede: l’ennesima cosa che genera shock come se fossimo qui per essere stupiti di continuo, drogati di emozioni.
Bisognerebbe anche sapersi fermare, come artisti, quando quello che si ha da dire con la propria creatività non serve a questo pianeta.
La penso così e per questo creo poco, con parsimonia e quello che fa male a me, siatene certi, lo brucio senza rimorsi.
Quello che può essere “neutrale” invece lo lascio libero dai miei giudizi, spesse volte riposto in archivio a far polvere perché ancora troppo “tiepido” per esprimere la propria natura. Quello però che sento davvero essere “buono e giusto” per chi guarda, interessato o no, lo espongo IN PACE con la consapevolezza che bisogna essere di più, amplificarsi ed evolversi per poter fare e dare altrettanto e una vita non basta, occorre morire molte volte, talvolta anche più volte in una sola singola ora.
R.I.P Mya Lurgo 🙂

 
 

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