Lightart

Dentro a ogni corpo c’è una Luce. Dentro quella Luce, c’è la Verità. Dentro quella Verità, c’è l’Amore senza circonferenze.

A seguito della Fase I (pulizia mentale dell’artista e materiale dell’opera), l’artista sviluppa l’abilità di cogliere tra le righe della materia la presenza sovrasensibile. Qui l’addentrarsi in cause sottili diventa l’ordine del giorno e la luce diviene non solo mezzo espressivo per l’arte, ma anche referente metafisico. In questa Fase II si compie il primo significativo passo verso l’ImmaterialeEsercizi quotidiani addestrano l’occhio a intravedere per ottimizzare la capacità di cogliere l’invisibile in ciò che è visibile e viceversa. La Fase II pone tutto il suo interesse sulla Luce che anima, sugli intra-mondi, sebbene tale indagine sia sempre in divenire e sul nascere delle circostanze; proprio questo accadere-cadere nella materia è il punto di partenza della serie Vetrini di Luce Dipinti.

I Vetrini di Luce Dipinti sono opere di lightart, configurazioni fluttuanti che raccontano il divenire psicosomatico della materia, prima che questa sia inFormata e destiNata dalla cosciente o incosciente volontà umana – Chi? Cosa com-muoverà l’esistere… Di chi? Di cosa? I Vetrini esprimono il divenire nella trama e nell’ordito subatomico, agglomerato d’Esistenza nello spazio delle varianti – nell’atto di un potenziale concepimento, pronto a tradursi in cosa manifesta. Sinora sono state realizzate due tipologie di Vetrini, fissi e mobili, ma vi sono nuove sperimentazioni in corso abbinate all’arte digitale.
La prima elaborazione dei Vetrini consta di un singolo cerchietto di vetro successivamente proiettato a parete o soffitto. Il cerchietto di vetro (diametro 3 cm e spessore 0,3 cm) è dipinto a mano con apposita pittura, mischiata a perline (mondi-bolla) e collanti (i legami che legano) in seguito il composto viene fatto reagire chimicamente al calore del faretto del proiettore (pathos del quotidiano divenire). Si ottiene così un ribollio dal quale vengono estratti dei frammenti tramite un accurato lavoro con ago aspirato, quale forma di pulizia più raffinata e precisa. Quest’alchimia in opera è filmata per simboleggiare il dinamismo interiore atto a promuovere l’evoluzione ma é anche utile a certificare l’unicità dell’opera. L’artista durante l’intera elaborazione lavora a rovescio sull’immagine proiettata – siamo specchi – servendosi di una lente d’ingrandimento – visione iper-lucida –. La lente d’ingrandimento amplifica la proiezione dell’opera rendendola fruibile dal micro al macro. L’opera, dopo circa una settimana di rimaneggiamenti (catturati nel video Alchimie in opera) si cristallizza sul Vetrino, stabilizzando il colore e diventando un tutt’uno con il corpo del proiettore; la forma è compiuta.
Questa Serie di Vetrini sono proiezioni fisse. La nostra stessa esperienza umana ci porta illusoriamente a identificarci con i nostri pensieri, i nostri sentimenti, il nostro corpo, il nostro colore e i nostri possedimenti. L’opera è dunque metafora della vicenda umana: il proiettore, parte integrata dell’opera, è strumento di relazione come il corpo fisico, mentale ed emotivo; il Vetrino è l’essenza che viene dinamizzata dalla soggettiva respons-abilità, abilità di risposta alla vita, V.I.T.A: Virtuale Interrelazione Teoretico Affettiva; la proiezione è l’informazione, ovvero l’essenza che il singolo uomo può offrire di sé all’Immateriale. La lente d’ingrandimento è occhio di coscienza.

Ogni cosa si rivela con l’esposizione alla luce, e tutto ciò che è esposto alla luce diventa a sua volte luce” (San Paolo)

La seconda serie di Vetrini, mobile, si sviluppa su tre livelli: il cerchietto di vetro dipinto, realizzato come nella variante precedente a differenza della dimensione, una componente interna oleosa e dinamica e un cerchietto di vetro neutro a sigillo, introdotto in un proiettore girevole – il mondo – realizzato ad hoc. Gli strati, si compenetrano dando origine a un tutt’uno, esplicando simbolicamente la nostra esistenza a differenti livelli di percezione extra-ordinaria, non limitata quindi esclusivamente ai cinque sensi. Questa elaborazione introduce idealmente il concetto di intra-vedere, quale via per accedere nuovamente all’Immateriale che siamo. Intra-vedere attraverso il corpus dei due Vetrini offre all’immaginario una possibile idea del “panorama-anima” sottostante la fissità dell’apparenza, fissità dettata da abitudini consolidate e non sufficientemente vagliate da potervi rinunciare. Il faro proiettore, riscaldando il composto oleoso, genera la sovrapposizione dell’opera fissa (il Vetrino elaborato come nella versione precedente) sul sottofondo mobile oleoso. Per questo motivo, grazie al moto rotatorio perpetuo, l’opera si presenta sempre nuova e mai uguale a se stessa: l’Uno Indifferenziato nella moltitudine. Tale substrato oleoso e cromatico si rende visibile all’occhio quale ribollio di bolle asimmetriche, schiumare che si fa man mano sempre più rapido tanto più il calore – pathos – del faretto, ne altera la viscosità.
Ancora una volta l’opera si presta a metafora della vicenda umana: il proiettore è il mondo; i due Vetrini rappresentano la dualità alla quale l’uomo è esposto (positivo-negativo), per improntare la sua coscienza attraverso il filtro del libero arbitrio. L’olio – unzione – è simbolo dell’intermediazione Immateriale, ovvero quanto l’umano è condizionato dal proprio credere o non credere nell’invisibile, qualunque nome assuma. La proiezione è la sintesi, la via che trascende gli opposti che nel quotidiano stimolano l’uomo alla scelta, mentre la lente, che permette l’ingrandimento, rappresenta l’osservazione iper-lucida che sviluppa l’auto-coscienza quale strumento di evoluzione trascendente un dio punitivo esterno. Come scrive A. Castronuovo nel suo libro Esercizi Gnostici: “Warburg invita a concentrarsi sui dettagli, poiché ogni intero vi si riduce. Non si può conoscere l’intero (Dio compreso) se non si osserva la parte con la massima attenzione”.

Acentrismo, ancora e ancora fino alla Luce. Quanto manca? Lunga vita all’Immateriale!